La solitudine degli anziani
Tor Tre Teste ha tre volte i capelli bianchi. È un quartiere di anziani, ormai, dove attraverso le porte senti quasi sempre l’abbaiare di cani e quasi mai il vociare dei bambini. Nelle case degli anziani i cani (e qualche gatto) raddoppiano il numero dei nipoti.
Gli animali danno gioia, ma segnalano una presenza: la solitudine. Figli lontani, oberati di lavoro, con turni in continuo aggiornamento, e poi il traffico che allunga le distanze: ecco i “nonni delle feste”, quelli che vedono figli e nipoti, se va bene, a Natale e Pasqua; oppure figli vicini sempre di corsa, che ti lasciano i nipoti al volo e «ci vediamo dopo»: i “nonni in servizio permanente effettivo”.
Il mondo va di corsa e non ha tempo per chi ha bisogno di tempo. Per rinnovare la carta d’identità, segnalare un guasto o vedere l’accredito della pensione devi usare il computer. Le ricette mediche arrivano sul cellulare, la certificazione medica su sito internet. Quando ho chiesto a impiegati e politici cosa fare per coloro che si devono mettere gli occhiali per scrivere su di una tastiera, la risposta è sempre stata la stessa: «che ci vuole a fare lo SPID?», oppure «è così facile scaricare un file pdf!», oppure «la gente vuole sempre la pappa pronta». Sempre così: «che ci vuole…?». In fondo anche la spesa te la portano a casa, se sai farla sul web. In fondo su Amazon trovi tutto e ti arriva in pochi giorni. E allora? Di cosa si lamentano?
Ed io ricordo quanto era bello quando tornavo da scuola e trovavo mia nonna vicino alla finestra a lavorare a maglia: chiacchieravamo e non avevamo fretta. Ricordo quando dalla strada giungeva il grido del verduraio: mia nonna calava un cesto dalla finestra con la lista della spesa, lo tirava su con la verdura e lo calava di nuovo con i soldi precisi. E ricordo che andavo, piccolino, con la lista delle spesa di mamma, e il negoziante lo conoscevo e mi faceva ridere, perché non aveva proprio voglia di lavorare e chiudeva appena vedeva che non venivano più clienti.
Abbiamo bisogno di facce, di aneddoti da raccontare, di rapporti di vicinato. Tutti. Gli anziani hanno bisogno di persone che li riconoscano, che facciano la spesa con loro, che spieghino loro cos’è lo SPID e come riuscire a vincere sulla volontà malefica del computer e fargli fare ciò di cui hanno bisogno. Desiderano il vociare dei bambini, una comunità che li ascolti, una società che rallenti, un’amministrazione che si accorga che, dopo i cani, sono la popolazione più numerosa d’Italia. Hanno bisogno di spazi di aggregazione e di servizi umani, persone concrete da cui farsi spiegare le cose, non voci preregistrate.
Forse possiamo fare qualcosa. Possiamo parlare con chi ci amministra. Soprattutto però possiamo organizzarci, per tornare ad essere un quartiere di buon vicinato. Io dico: «che ci vuole?» e aggiungo: «è così facile!», e quindi: «di cosa ci lamentiamo?».
don Domenico, parroco a “S. Tommaso d’Aquino”
Articolo apparso su “AbitareA Roma” – 26 febbraio 2022
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