La scuola parentale

Ecco come funziona. Si può fare e già si fa

Mamma mia che stress la scuola! Interrogazioni, compiti in classe, professori strambi e professori in gamba… Siamo o siamo stati tutti studenti. È un’esperienza che ci segna profondamente. Tutti vorrebbero migliorare la scuola, ma spesso senza un’idea precisa di come dovrebbe essere. Si dice che le famiglie dovrebbero essere più coinvolte, ma poi, senza consultarle, si insegnano valori e idee stabiliti dal governo di turno o dal singolo insegnante. Si dice che essa debba offrire spazio a tutte le opinioni, eppure, nella pratica, si nasconde la fede di un Gaudì, si minimizza l’apporto filosofico di un Tommaso d’Aquino e si mettono in cattiva luce epoche e personaggi secondo criteri ideologici. Nell’età in cui si avrebbe bisogno di figure forti di riferimento e di idee appassionanti, ora si offre ai giovani un “politicamente corretto” banale e insapore. Si vede la scuola come luogo di socializzazione, ma l’istituto è scelto per la sua vicinanza a casa e i ragazzi incontrano quasi sempre giovani del loro stesso quartiere, dello stesso ceto sociale e con dinamiche familiari simili: vivono così veri ghetti sociali. Il tempo pieno è l’ultimo mattone, infine, che li rinchiude nel solo ambiente scolastico per anni, e così si sviluppano strutture mentali chiuse, predisposte a bullismo e intolleranza. La scuola è palestra di vita, dicono, e con questa convinzione si lascia vivere ai ragazzi ogni genere di esperienza, come se tutte fossero legittime e inevitabili. Per diventare esperti di vino è forse bene provarli tutti fino a ubriacarsi con quelli in cartone del supermercato? Non è più utile, per affinare il gusto, bere solo vini pregiati, assaporare solo i migliori? Eppure…

Esiste però chi ha trovato il modo di dare ai propri figli ciò che ritiene migliore e si mette insieme ad altri, sceglie gli insegnanti, condivide i metodi educativi più efficaci. È un’assunzione di responsabilità della famiglia, è la scuola parentale. In case private, oppure presso parrocchie o centri culturali, scegliendo il proprio metodo didattico, educando a particolari valori, sentendosi tutelati da un ambiente protetto, le famiglie si organizzano e trovano il modo di finanziarsi per assicurare l’istruzione migliore ai loro figli.

La nostra Costituzione lo permette e i tempi che viviamo forse lo richiedono, vista la crescita esponenziale che la scuola parentale sta sperimentando in molti paesi, compresa l’Italia.

All’articolo 30 la Costituzione recita:

«È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire, educare i figli. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti».

La scuola pubblica, o privata, hanno un ruolo di supporto della famiglia, non sostitutivo; compito dello Stato è quello non di autorizzare, ma di verificare che l’istruzione sia effettivamente impartita.

«In caso di istruzione parentale, i genitori dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente, ovvero coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, sono tenuti a presentare annualmente la comunicazione preventiva al dirigente scolastico del territorio di residenza. Tali alunni o studenti sostengono annualmente l’esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva in qualità di candidati esterni presso una scuola statale o paritaria, fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione» (Decr. Lgs. 13/04/2017 n. 62 art. 23).

Ecco come funziona. Si può fare e già si fa.

Come ci si finanzia? Con soldi propri, organizzando raccolte e partecipando a bandi. Si continua a sostenere la scuola pubblica con le proprie tasse, pur non usufruendone se non in parte. Coloro che scelgono la scuola parentale la scelgono, nonostante tutto, non per comodità economica o di vicinanza, ma per dei valori che desiderano trasmettere; la scelgono per permettere ai loro figli di conoscere giovani di quartieri distanti, di ceti sociali diversi, e attraverso una migliore gestione del tempo garantire loro quella cultura esperienziale – con i loro hobby – che è tanto importante alla loro età.

Si sente la necessità di ricostruire un tessuto sociale slabbrato, dove è ai margini il ruolo educativo della famiglia, dove si ha paura della varietà culturale e non si sa più godere della bellezza di una relazione umana; si è consegnato, a istituzioni senza volto, ciò che di sé ciascuno lascia in questo mondo: la propria esperienza di vita trasmessa ai figli.

La scuola, secondo alcuni politici, dovrebbe mirare alla formazione di lavoratori e di manager, e con questa visione sono nate nuove iniziative e leggi. La scuola parentale può però offrire l’occasione di riconoscere altre visioni ed altri obiettivi, può presentare alla scuola pubblica il modo di trasmettere in modo appassionato i valori scoperti e approfonditi dalle generazioni precedenti. La scuola può ancora scegliere di diventare non solo formatrice di lavoratori e consumatori, ma di esseri umani completi. Anche e soprattutto questo ci può insegnare la scuola parentale.

don Domenico Vitulli, Parroco a S. Tommaso d’Aquino

Articolo apparso su “AbitareA Roma” – 16 Febbraio 2023

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