Cosa insegnano i bambini

Ci crediamo tutti maturi e forti, saggi e indipendenti, ma in fondo noi adulti siamo tutti bambini, solo con qualche paura in più

Rimango sempre stupito dai bambini. Li ascolto e chiedo loro di farmi domande. Devi essere pronto a tutto: «cos’è l’anima?»; «ma se i preti non si sposano, con chi litigano a casa?». Domande più interessanti di quelle degli adulti.

Costruita la Via Crucis all’aperto, ne rimandavo l’inaugurazione. Una domenica scorgo dei bambini infilarsi nel giardino e li seguo a distanza. Percorrono il vialetto, si inginocchiano davanti alla prima stazione e si rialzano subito, poi la più grande recita un miscuglio di Padre nostro e Ave Maria. Vanno avanti così, con sicurezza, per poi fermarsi in silenzio davanti alla grotta della Madonnina. È così che Dio ha provveduto a quell’inaugurazione che io rimandavo. Solo gli adulti si fanno problemi inutili.

Nella Genesi, stranamente, la luce è creata ancora prima del sole. Per i bambini è ovvio: prima di mettersi a lavoro bisogna accendere la luce! Dio ha dovuto far luce, perché quello che stava per fare era così importante che lo avrebbe coinvolto in prima persona.

Ricordo bene il mio primo anno di sacerdozio. Portai una bimba davanti al tabernacolo – avrà avuto circa tre anni – e mi avventurai: «lì dentro c’è Gesù, e ci aspetta sempre, perché ci vuole tanto bene»; la risposta fu immediata: «se ci vuole tanto bene, perché sta chiuso dentro?». Già, perché? perché a noi sta bene così? Eppure – sono sicuro – a Lui piacerebbe starsene in giro, in mezzo ai bambini.

«Lasciate che i bambini vengano a me», diceva Gesù: fosse facile! «Perché non sei venuto a Messa domenica scorsa? Non ti ho visto» dico premuroso a un bimbo; lui, quasi piangente, confessa: «Io volevo. Sono salito sul lettone per svegliare papà e mamma, ma loro mi hanno menato!». Piccoli martiri della fede!

Il Padre nostro è fatto di sette richieste. Sono i bambini a segnalarmi la domanda più importante: «dacci oggi il nostro pane quotidiano». In tutte le altre domande, infatti, Dio è Signore, liberatore, salvatore… ma solo qui appare come padre, colui che dona il cibo ai propri figli. Ecco di cosa si occupa un padre: dare la vita, nella sua concretezza, giorno dopo giorno. Questo i bambini lo capiscono.

Niente sembra più noioso del Rosario, eppure con i bambini non ho mai avuto problemi. Il perché l’ho capito in treno. Un bimbo in braccio alla sua mamma la guardava fisso negli occhi e ripeteva ossessivo: «mamma» in tutte le intonazioni possibili, per più di un quarto d’ora. La mamma rispondeva con dolcezza con termini sempre diversi: «tesoro»; «piccolino mio»; «bello» …. Noi adulti non amiamo le ripetizioni, ai bambini le ripetizioni invece danno sicurezza, e poi, quando hai detto «mamma», cos’altro vuoi aggiungere? L’essenziale è fatto di poche parole e tanto sguardo. È così che si riceve la vita.

Del Crocifisso loro non ne hanno mai paura. Dio può incutere timore come giudice, creatore, onnisciente… e non lo puoi amare, se ti fa paura. Il Crocifisso è inerme, indifeso, esposto nella Sua nudità, un Dio a cui non è rimasto altro che amare e perdonare… e così anche tu lo puoi amare. Solo chi non sa più amare non vi vede altro che sofferenza: solo gli adulti hanno paura del Crocifisso.

Quante cose ho imparato e ancora imparerò da loro, perché come disse una bambina – dieci anni circa – insegnandomi a fare l’omelia: «don Dome’, quando predichi, devi fare le domande, perché quando siamo in Chiesa, siamo tutti bambini». Ecco cosa ho imparato: ci crediamo tutti maturi e forti, saggi e indipendenti, ma in fondo siamo tutti bambini, noi adulti solo con qualche paura in più.

don Domenico, Parroco a S. Tommaso d’Aquino

Articolo apparso su “AbitareA Roma” – 18 Marzo 2022

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